30 novembre, 1 e 2 dicembre 2018
LA TERRA TREMA
Fiera Feroce
Vini e vignaioli autentici, agricolture periurbane, cibi e poesia dalla terra

Abbiamo il piacere di comunicare che la dodicesima edizione de LA TERRA TREMA si terrà a Milano dal 30 novembre al 2 dicembre 2018 al Leoncavallo Spazio Pubblico Autogestito.
LA TERRA TREMA torna a Milano per accogliere le centinaia di storie di agricoltura e viticoltura chiamate a rappresentarsi in prima persona.
Una celebrazione annuale lunga tre giorni nel corso dei quali, come d’abitudine, alle narrazioni si alterneranno concerti, presentazioni, degustazioni guidate, laboratori.

Dodicesima edizione.
Festa e non solo festa.
Dodici anni in cui abbiamo cambiato e visto cambiare il panorama politico, culturale ed economico che ruota tra vini e cibi di qualità.
Vittorie e sconfitte. Rivoluzioni e appiattimenti. Impegno spropositato e fuffa truffaldina. C’è di tutto.
Intorno a vino e cibo si è imbastito un ordito controverso e intricato.
Val bene la metafora per raccontare quel che accade intorno all’agricoltura contadina nazionale e a chi vuole assumerne le fattezze. Ficus watkinsiana altrimenti detto Fico strangolatore, arriva sulle altre piante dall’alto, trasportato dal guano di uccelli che ne hanno assaggiato i frutti. Trovato un pertugio tra i rami o nel tronco quel seme cacato comincia la sua vita parassita sulla pianta ospite sottraendole tutto, acqua, luce, ossigeno, nutrimenti; prendendone le forme con le sue liane avvinghianti arriva fino a strangolarla, privata d’ogni linfa vitale.
Fico strangolatore, nomen omen.
Il cibo, è assodato, è grimaldello, strumento efficace per le food policy nei food district delle city of food.
Politiche sul cibo che per nulla riguardano la produzione ma solo la sua vetrinificazione. La sua messa in mostra in città per lo più esclusive, capitalizzate, privatizzate, per pochi, sempre gli stessi.

Nel nostro dirci ancora materia fecciosa e insolvibile, racaille, di questo sistema lasciamo queste riflessioni per una nuova occasione di confronto nell’imminente edizione de La Terra Trema.
Con l’augurio di ritrovarci ancora insieme.

La Terra Trema
Folletto25603 (Abbiategrasso, MI)
Leoncavallo s. p. a. (Milano)

“Sarà una fiera del tutto nuova; vi si assaggeranno i vini di ogni parte d’Italia. Festeggeremo la vita”.
(Gino Veronelli, prima edizione di t/Terrà e Libertà/Critical Wine al Leoncavallo, dicembre 2003)

 

 

Last modified: 14 Set 2022

3 Responses to " LA TERRA TREMA torna a Milano dal 30 novembre al 2 dicembre 2018  "

  1. Cristina Cometti ha detto:

    Care e cari materia fecciosa insolvibile, racaille, mia stirpe

    vi scrive una nonna sobilla che si è occupata di cibo sanamente e militantemente, dalla contro-informazione alimentare degli anni ’80 alla terapia medica basata sull’alimentazione, lungo 35 anni di vita, finchè, disgustata, stremata, arrabbiata,violentata nei neuroni da un’ondata sempre più massiccia di pubblicità truffaldine, di famiglie felici con il carrello della spesa più velenosa, di dietologi-nutrizionisti-alimentaristi-specialisti di ogni tipo, di business che più squalo (e squallido) non si può, ho gettato la spugna. Non ne ho potuto più. Non mi sono più occupata di alimentazione. E ora, leggendo il brillante testo -splendida la metafora botanica-, respiro finalmente di nuovo: accidenti, c’è la marmaglia giovane, c’è nuova materia fecciosa! C’è ancora speranza! Si va avanti. Bravissime/i di Terra Trema !!! Vi mando tutto il mio incoraggiamento, il mio ringraziamento, la mia stima.

  2. Teodoro Margarita ha detto:

    Si. Come la cuscuta, tutte le piante assolvono una loro funzione. Quel ficus e la cuscuta, hanno la macabra, uccidere, purtroppo, è negli, a noi ignoti, ancorchè dolorosi, necessari piani di madre natura. Il fico strangola. La cuscuta soffoca e dissecca. Se ne hai una infestazione nell’orto, sei fottuto. Non ti cresce più niente. Devi provvedere a sterilizzare i semi di cuscuta. Così facendo uccidi la meravigliosa diversità delle infinite altre, vitali, piante. Devi farlo. Strappare solamente, non puoi, lascia minuscoli filamenti che si riproducono, da sole e ricominciano la loro opera di morte.
    Oppure devi gettare la spugna e abbandonare il terreno. Sgombrare il campo. Non si può.
    Non possiamo, noi buoni contadini e coltivatori, abbandonare la terra. La fragile terra, avvelenata, soffocata da asfalto e cemento, violentata dai fumi della CO2, sussulta, grida, trema, chiede aiuto.
    Dobbiamo tagliare il fico strangolatore, eliminare radicalmente la cuscuta. Ci farà male. Si deve fare. O noi o loro. O gli imbroglioni, spacciatori di fuffa, elargitori di pubblicità truffa, asservitori di contadini e rivenditori di eccellenze inesistenti tanto quanto oppresse e insanguinate. O noi o la gramigna chimica, inestirpabile.
    Lo dobbiamo a chi lavora la terra e si guadagna la vita col sudore della fronte ed il sogno. Con l’intelligenza e la lungimiranza che consistono nel vivere e faticare in una terra viva, mantenendola viva, fertile e nel mantenerla viva, con il biologico, il biodinamico, la permacultura o andando a cacare di persona, si chiamavano pozzi neri eh, si prima dell’avvento delle metropolitane fogne e chiaviche “acque dell’oblio”, come ben le chiamava Ivan Illich, nel proprio campo, bene, lo dobbiamo a tutti quei contadini, zappatori senza padroni, vignaioli senza padrone, apicultori, allevatori che, come ci raccontava Gino, ubriacano la loro grassa, fedele, buona oca, la tengono in grembo, poi, un colpo solo, al collo e lei se ne va, senza soffrire, per alimentare noi stessi, i nostri figli, e tutto questo senza odio, senza alcun piacere ma solo obbedendo e ci spiace per vegetariani, io sono vegetariano, mi spiace per me, e vegani, ma è così che si è fatto da millenni e così, se carne si vuole mangiare, fare.
    Lo dobbiamo, distinguere, discernere il grano dal loglio.
    Chi lavora bene e vende direttamente o con la minima intermediazione il suo prodotto che prodotto non è, prodotto solo perchè elaborato ma cibo, vino, formaggio, marmellata, conserva, birra o miele, per vivere e nutrire gli uomini.
    Su A rivista anarchica, analoga riflessione sul fico strangolatore. Condivibile al 100%.
    Ed io darò una mano. E presto. Dalle pagine del Manifesto, scrivendoci direttamente, compagne e compagni della Terra Trema, mi sarà, adesso, più facile.
    Sapete chi sono, avete il mio telefono. Solo servizio, un dovereoso servizio a chi vi vuole bene ed ha amato Gino Veronelli e quando è morto, ha pianto, pianto con voi.
    Ci siamo, mai domi. Feroci e particolari, critici e innamorati, ubriachi, perchè no, ebbri e ferventi assertori di questa sola vita su questa sola bella, povera e viva, nonostante il genere homo sapiens, Terra. Dopo Veronelli, siamo seguaci zingari, lazzari felici figli di Pino Daniele e Claudio Lolli ed anche Dalla, scriveva, nel suo profondo mare “quello scherzo di terra che il suo grande cuore doveva coltivare”. Non dimentichiamo nessuno, per quanto possibile, per non essere dimenticati. Non dimentichiamo nessuno. I nostri morti sostengono, diceva mia madre, contadina fino alle midolla, i nostri giorni.
    Un pensiero a Gino, ad ogni amico della Terra, artista o vignaiolo, poeta, cantante o pecoraio. A tutti, maniscalchi e fabbri, a tutti quanti percorrono l’esistenza senza offendere, senza irridere il lavoro duro altrui ma anzi, si spendono in leghe bracciantili, coordinamenti campesinos, piccole scuole di villaggio, a tutte e tutti, ovunque nel mondo camminano la Terra con rispetto e altruismo, perchè i figli degli altri abbiano gli stessi diritti dei figli nostri a vivere, il nostro saluto. Hasta siempre! Che vuole dire che non ci piegheremo mai. Mai e poi mai. Io, assieme a centinaia di migliaia, continuo a seminare, leggere, scrivere, e come potrei interrompere il flusso necessario della vita e delle stagioni? A voi, il mio grazie ed il mio pensiero. Ci sono. Anch’io, vorrei, sommo complimento, che, alla mia dipartita, un fratello contadino, portasse, come è stato per Gino, una manciata di terra, quella buona, della sua, e me la lasciasse a ricordo.Siamo stati Terra e siamo stati uomini e donne, abbiamo tremato ed abbiamo lottato. Forse conoscete una maniera migliore e più dignitosa di questa, per vivere?
    Teodoro Margarita

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