Dialogo su INTELLIGENZE ARTIFICIALI E INTELLIGENZE SOCIALI
Un libro di Renato Curcio, edito da Sensibili alle Foglie, 2024
La Terra Trema, in dialogo con Renato Curcio
La Terra Trema – Sempre più umani lavorano e interagiscono con le macchine delle Intelligenze Artificiali (IA o AI Artificial Intelligence). Nel tuo ultimo libro Intelligenze Artificiali e Intelligenze Sociali spieghi bene come le IA si servono di noi più di quanto noi non ci serviamo di loro, influenzando le nostre attività, i nostri comportamenti, i nostri immaginari, i nostri processi artistici/creativi e i nostri agiti sociali/politici. Scrivi anche dell’ibridazione tecno-digitale e dei suoi effetti nei nostri corpi, nelle nostre strutture celebrali che con le pratiche d’uso continuative, compulsive, e l’esposizione temporalmente prolungata agli schermi, plasmano l’architettura stessa delle reti neurali modificando nel suo complesso l’organismo vivente e la sua attitudine antropo-sociale oltre a essere fonte di nuovi malesseri. Un’implicazione bio-antropologica. Come hai scritto e spiegato più volte nelle tue presentazioni le nostre società prevedono sempre più contesti obbliganti, dispositivi che dobbiamo per forza possedere e comportamenti che dobbiamo per forza agire, per non essere esclusi o marginalizzati dal consorzio umano. Il processo sembra irreversibile. Scrivi di una battaglia durissima, di un conflitto inconciliabile, tra due concezioni socio-antropologiche. La prima, sotto la trazione del motore capitalistico, che spinge per forzare i limiti del corpo umano, per l’allineamento tra razionalità tecnico-scientifica e la razionalità d’impresa orientate entrambe alla radicalizzazione della sussunzione dell’umano nelle dinamiche espansive delle macchine-IA, basandosi in tutte le sue pratiche della dominanza delle connessioni sulle relazioni. La seconda pur debole e disorientata dai miraggi del capitalismo ai quali fin qui non ha saputo opporre una congrua resistenza, ritiene tuttavia che sia diventato necessario riportare il baricentro delle attività di specie sulla salvaguardia degli ambienti viventi e dell’integrità non violata del proprio corpo vivente, del disallineamento della razionalità tecno-scientifica dall’irrazionalità delle dinamiche capitalistiche gestite dall’oligarchia del capitalismo cibernetico. Puoi raccontare e spiegare, di più, della seconda?
Renato Curcio – Il principio di razionalità a cui ritengo ci si debba orientare non è quello di derivazione illuminista che scorpora le attività cognitive dalla loro materialità storica e vivente. In quanto umani noi “consistiamo” di relazioni vissute e potenziali con contesti ambientali determinati e con i nostri simili. Ed è proprio questa peculiarità che oggi, dalle sovraimplicazioni imposte dal capitalismo cibernetico occidentale viene umiliata e ferita. Da qui la mia convinzione che occorra “darsi una mossa”, scuotersi dal torpore e dall’inebetimento connettivo e collettivo indotti dallo stato presente delle cose e dallo shock generato dagli enormi crimini contro l’umanità che ce ne mostrano il senso. Intendo dire che la razionalità tecno-scientifica innalza al primo posto gli interessi peculiari della micro-oligarchia statunitense che monopolizza sia la produzione dei dispositivi di Intelligenza Artificiale, sia i processi di connessione che per loro tramite i loro utilizzatori istituiscono tra sé stessi e col contesto. Un processo multi-fattoriale che ingoia dati personali e vite umane, sequestra libertà e restituisce contesti obbliganti, alienazione totale e controllo iperbolico.

LTT – Nel libro dedichi un capitolo molto articolato ai litigi tra le corporation IA. Fai accenno anche alle lotte, prese di posizione e ai malesseri sempre più frequenti nei lavoratori di queste aziende. Lo scorso novembre Suchir Balaji è morto suicida; ex ricercatore di OpenAI aveva dichiarato di aver lasciato l’azienda perché temeva che la sua tecnologia avrebbe causato più danni che benefici alla società, denunciando anche l’utilizzo di materiale protetto da copyright per addestrare l’intelligenza artificiale che più di cento milioni di utenti utilizzano, ogni mese, attraverso ChatGpt. Puoi spiegare perché questi aspetti e accadimenti sono importanti per comprendere il capitalismo cibernetico e le sue traiettorie?
RC – Balaji è uno dei tanti lavoratori-lavoratrici che all’interno delle Corporation-AI, pur invisibilizzati dall’informazione democratica, in molte forme si stanno ribellando. Farò un altro esempio. Nell’anno appena trascorso il premio Nobel per la fisica (machine learning) è stato assegnato a Geoffrey Everest Hinton, uno dei padri fondatori della Intelligenza artificiale. Hinton è uno psicologo e informatico nato in Inghilterra che ha dato un contributo essenziale alla messa a punto delle procedure di apprendimento automatico.
Il suo campo di studio sono state le reti neurali artificiali; ovvero, per semplificare, quei dispositivi addestrati a identificare uno stesso oggetto, uno stesso animale, uno stesso volto, una stessa parola, uno stesso schema, presente in un contesto zeppo di oggetti simili. Una “capacità di riconoscimento” basilare che oggi sta a fondamento delle operazioni compiute dalle macchine-IA: motori di ricerca, riconoscimento facciale o vocale, eccetera. Quando Hinton mise a punto quel dispositivo lavorava in un proprio laboratorio ma al fine di poter disporre dei mezzi occorrenti per poterlo sviluppare egli accolse una proposta di Google e s’integrò nelle sue linee di ricerca. Google quindi per più di una decina di anni finanziò in modo consistente il suo lavoro. Nel 2022 però Hinton, osservando i propositi dell’azienda e gli sviluppi che altri ricercatori stavano dando a nuovi modelli linguistici – come ad esempio quello noto con la sigla PaLM – cominciò a preoccuparsi di due aspetti della questione: gli alti livelli di ragionamento raggiunti e la velocità di progressione dei perfezionamenti. Avendo accesso ai laboratori più “protetti” di Google e conoscendo le linee guida della ricerca che in essi mettevano alla frusta tecnici e scienziati cominciò a pensare che presto la linea rossa del più alto livello di manifestazione dell’intelligenza umana sarebbe stato superato. Quali prospettive avrebbero potuto aprirsi a quel punto?
Parallelamente, Sam Altman di OpenAI dopo aver lanciato sul mercato ChatGPT – una rudimentale intelligenza artificiale generativa – incominciò a ingaggiare con le aziende concorrenti una sfida infuocata. Presto -, ripeteva nelle sue sparate propagandistiche -, la IAG avrebbe superato la più intelligente delle intelligenze umane. Alla sua Corporation (OpenAi-Microsoft) ciò che maggiormente interessava era la conquista del mercato. Le guerre interne a OpenAI del resto non lasciavano margini ad alcun ottimismo sulle prospettive. E Google, inutile dirlo, non era certo al di fuori della mischia.
Fu in quel clima che Hinton cominciò a intravvedere esiti socialmente assai pericolosi di queste battaglie. Pericolosi, in prospettiva, anzitutto per la nostra stessa specie. La tensione concorrenziale chiedeva un taglio drastico dei tempi di realizzazione dei prodotti; e il taglio dei tempi si abbatteva anzitutto sul silenziamento delle loro implicazioni e conseguenze. Ma tanto più venivano accelerate le scadenze di lancio dei prodotti di uso pubblico quanto più venivano a sbiadirsi i margini di sicurezza sociale. Fu così -, come egli stesso disse in più interviste -, che al fine di poter esporre liberamente le sue apprensioni, nel 2023 diede le dimissioni da Google e lasciò gli Stati Uniti accasandosi in Canada.
La prima domanda che la scelta di lasciare Google e gli Stati Uniti operata da Hinton ci suggerisce, a me sembra, possa essere formulata così: a cosa veramente si oppose nel 2023 Geoffrey Everest Hinton?
«Molti titoli sui giornali dicono che secondo me bisognerebbe fermarsi ora, e io non ho mai detto questo» –, puntualizza. «Prima di tutto, non credo che sia possibile, e poi penso che dovremmo continuare a sviluppare [l’Ai] perché potrebbe fare cose meravigliose. Ma dovremmo impegnarci allo stesso modo per mitigare o prevenire le possibili conseguenze negative».
Mitigare, prevenire, controllare la IA. Già, ma chi dovrebbe farlo e come? Forse gli Stati Uniti dai quali lui stesso ha scelto di andarsene per poter avere “libertà di parola”? Forse, OpenAI, Google, Amazon, Antropic, X-AI e le altre BigTech, da cui egli stesso ha preso le distanze volontariamente?
Ecco perché io penso che la radice del pericolo sia strutturale e più profonda. Si chiama -, se vogliamo dargli un nome -, “capitalismo cibernetico”, ed è alla critica pratica del suo algoritmo socialmente irrazionale – lo scambio ineguale – che occorre dunque ritornare se si vuole trovare una risposta. Intendo dire che nell’Occidente capitalistico alla domanda di Geoffrey Hinton se ne collega inevitabilmente un’altra – a mio avviso meno generica ma non per questo meno rilevante: quale minaccia per la specie le intelligenze artificiali generali di matrice capitalistica potranno diventare se la loro proprietà resterà nelle mani di imprenditori privati come Sam Altman, Elon Musk, Jeff Bezos, Peter Thiel, Marc Andreessen e compagnia sfruttante?
LTT – Il libro si chiude con riposta fiducia nelle intelligenze sociali, l’arma decisiva della resistenza, la più potente che possiamo opporre alle intelligenze artificiali. Il possibile non il probabile. Puoi dire qualcosa in più dell’intelligenza sociale e perché è così decisiva nel mondo terribile che viviamo?
RC – A differenza delle intelligenze artificiali le “intelligenze sociali” operano nel campo dei legami tra umani e hanno come loro radici sanguigne l’insieme dei linguaggi del corpo, i loro vincoli storico-sociali e le loro creative invenzioni rituali; e cioè le condizioni stesse della loro riproduzione e delle loro capacità di vivere e operare insieme, di adattarsi o di trasformare nel rispetto dell’interesse collettivo i contesti relazionali umani e ambientali entro cui “stanno operando”. A differenza delle macchine-IA, le intelligenze sociali sono perennemente aperte alla trasformazione delle loro modalità operative; e proprio questa apertura è ciò che a me piace chiamare “potenzialità creativa”. Creativa di varianti sociali fino a quel momento mai date, di dissociazioni identitarie e di stati di coscienza creativi e istituenti. Cosa che nessuna macchina-IA è in grado di immaginare e men che meno di fare.
Un’ultima nota. Riflettendo su questi temi occorre però fare molta attenzione a non ancorare le “intelligenze sociali” ai singoli soggetti viventi. Esse, infatti, si generano nello spazio di relazione tra ciascun vivente; vale a dire in quel luogo dove appunto nascono e si riproducono le relazioni e le loro molteplici reti; dove si manifestano le energie emotive, l’attrazione empatica, i linguaggi di comunicazione, gli stati di coscienza, le vibrazioni dissociative; e, grazie a essi, anche la capacità emotivo-cognitiva di istituire legami collaborativi tra umani. Dove la sensibilità per gli “altri” – anche non Occidentali, perché esistono ancora per fortuna anche quelli! – ingiunge ancora gioia o dolore. Ecco, per farla breve, è in quei luoghi del vivente, ritengo, che possono ancora nascere quelle sensibilità indispensabili per andare oltre alle funeste lande del capitalismo cibernetico e ai loro bianchi e miserabili egoismi. Possono ancora prendere slancio pensieri e pratiche istituenti di un Altrove dove l’intelligenza venga finalizzata al compimento della razionalità sociale e non più, come nelle fosche intenzioni della razionalità tecno-scientifica artificiale, alla distruzione del vivente.
17 gennaio 2025

Immagine, da THE MET: Calamaio in maiolica, A Madman Distilling His Brains, Italia, probabilmente Urbino, ca. 1600
Da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 35
20 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100
Per ricevere e sostenere questa pubblicazione: info@laterratrema.org
Last modified: 23 Giu 2025