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Pietra Madre

ImpressioniL'AlmanaccoTumulti

Pietra Madre
(per un’idea di Murgia in poema)

di Guido Celli 
fotografie di Laura M. Alemagna

VII
Il canto delle cicale è un canto di pietra
non un canto di gola, neppure d’aria
come quello dei passeri, quello delle fronde
ma un canto di sole bruno e di pietra
un canto di tronco secco come la pietra
un canto d’arso e stoppie come la pietra.
Le cicale sono il punto d’incontro
l’anello mancante
fra l’insetto e la pietra.

XII
Il timo selvatico ha radici in forma di come fossero viti
radici che scavano l’intorno delle pietre
per serrarsi alla Murgia con una presa di dita
per tenersi alla Murgia come un dente alla madre
per volersi in Murgia farsi pietra con la pietra
farsi Murgia come farsi pianta di pietra.

XV
Non è la pietra una cosa di cui si possa dire colore
la pietra non ha colore, la pietra ha del colore
il suo mistero, non la sua fragilità.
Perché un colore è fragile, è un pelo di luce sulle cose
una parola che puoi dire e dare alle cose
e che muta a seconda di quando, a seconda di dove
e che sta in una bocca e non sta in un’altra bocca.
Un colore è fragile, è un’aria di luce intorno alle cose
ma una pietra non ha parole di bocca per il suo mistero
il mistero che ha nel non avere un colore
il mistero del suo colore che non ha bocca che possa dargli un colore
perché la pietra non ha colore
la pietra ha del colore il suo mistero indicibile
il mistero del suo colore indicibile.
Il mistero del colore della pietra non è tanto
nel non avere parole per dirlo
ma è piuttosto l’impossibilità che ha nell’avere
un pelo di luce fragile su di sé
la pietra è in sé, non è su di sé
ed il suo mistero di colore è
che il suo colore non si trova intorno, ma dentro.
Ma dentro la pietra c’è solo pietra
e non ci puoi togliere da dentro nessuna parola
per poi mettertela in bocca e dirla
dalla pietra non ci puoi cavare una cosa invisibile
come una parola, come un colore.
Nella pietra ci sta solo pietra, pietra e basta.

XXVI
La terra, il fango, la sabbia, il lago, il ghiacciaio
sono tagli diversi della stessa stoffa
che la pietra indossa a somigliarsi Mondo.

XVIII
Ogni cosa si poggia alla pietra
dalle rondini alle mosche, dalle formiche ai cani
dai peri ai cardi, dalle pecore ai licheni
ogni cosa si poggia alla pietra.
La pietra, invece, non si poggia a nulla
se non a se stessa, la pietra quindi
è la prima parola di una lingua
è l’inizio dei fatti, l’origine del discorso
la pietra è la condizione senza cui nulla sarebbe stato
senza cui nessuno di noi saprebbe cosa è un piede
dal momento che un solo passo gli sarebbe negato.

XXI
La pietra è un corpo vivente che nell’arco di cento anni
è capace di non muovere neppure un fiato
e per questo noi che diamo parola ad ogni cosa del Mondo
non sappiamo definirla vivente, la crediamo morta
la diciamo inerte, la diciamo inanimata.
Ma sbagliando ci sbagliamo due volte
perché la pietra non solo è viva, ma eterna
e i suoi tempi non sono i giorni delle farfalle
i mesi dei topi, gli anni degli uomini
i secoli degli elefanti, i millenni degli ulivi
i milioni delle ere con cui amiamo ricordare il Mondo
la pietra vive i suoi miliardi di anni
e c’è dall’inizio e ci sarà alla fine
e sarà madre poi figlia poi madre e di nuovo figlia
perché per la pietra l’avvento dell’uomo è un battito di ciglia.

XXVIII
La pietra è utero, la pietra è femmina
senza la pietra la vita sarebbe un vento
che passa nel vento
che scivola nel vento
che ruota nel vento
che soffia nel vento.
Senza la pietra la vita che conosciamo non avrebbe avuto
corpo di corpi con cui manifestarsi
perché se è vero che l’universo galleggia i suoi astri
la pietra è la ragione per cui la vita ha forma
sostegno, come e sa dove stare
e stando con la pietra, stando sulla pietra, stando nella pietra
cominciare il viaggio vivente pensando a dove andare.

XXXII
Il sole è una lama che vola dentro il cielo
sfavillando cordiere di raggi affilati
e contro il cielo una rondinata di immersioni
senza alcun attrito, solo uno scivolamento
di lame di luce che scolano sulla pomice impalpabile
del cielo trafitto di scucimenti e fenditure.
Il sole non dà ombre in cielo.
Il sole è un pesce che vola l’acqua
accecando la sua rete di raggi squamati
e contro il mare una nuotata di fascioni
con piccolo attrito, una saponata d’oli
che cade come un sasso negli abissi d’oceano
facendo del pelo d’acqua una pelle di lanterna.
Il sole non lascia ombre in acqua.
Il sole è una ghiaiolata che fora il legno
lentamente come una goccia nel cervello del metallo
rimbalza, devia, si massacra
ma poi scapolina dagli alberi, li scavalca
e pur fermandosi nel tronco, nelle foglie
si ferma quasi del tutto, mai del tutto.
Il sole fa ombre in bosco
ma ombre di riso
paglierine, leggere, chiare.
Il sole è un sasso che s’arriccia sulla pietra
che non vola, non attraversa, non filtra
duramente muove il suo osso contro l’osso della pietra
si arresta, si spetrolia, si indurisce
sul manto di pietra d’osso che è la pietra
e non scollina, non aggira, si ferma
e lentamente si lascia assorbire mutandosi in cartilagine.
Il sole lo assorbe la pietra e non dà ombre alla pietra.
Sull’altro versante della pietra è direttamente notte.

 

XXXIX
Claudicano le bestie sulla Murgia
in cerca d’erbe, stoppie e avanzi di grano
e ogni loro erranza è intornata di pietra e di cielo
perché in Murgia non c’è nulla che spezzi la linea
che tiene il cielo in sospeso sulla pietra
non c’è bosco, non ombra di bosco
non c’è fresco d’ombra fresca di bosco
che tenga il cielo lontano dalla pietra
a meno che non ci sia paesaggio di bestie
con la loro curva di dorso, con la loro lama di corna
con il loro caravaggio di manti.
Perché la Murgia, per non sapersi cielo
per sapersi pietra del tutto pietra
s’invita il desiderio di un pascolo
altrimenti da sola, pancia com’è
magra arsa di sole e femmina com’è
chiara di pietra ed erba paglia com’è
pare farsi cosa sola con il cielo
pare perdersi il confine che la tiene dove
ogni cosa sta sotto ed il cielo sopra.

Pietra Madre è il frutto di dieci giorni di residenza artistica alla Masseria Jesce a cavallo fra luglio e agosto di quest’anno. La Masseria Jesce è nel cuore della Murgia, nell’altamurano; è tutta di pietra e ha una corona di tegole per suonare un concerto di piogge in raccolta delle acque. A due passi dalla Masseria scorrono le pietre del fiume Appia, regina viarum, mentre dal ventre della pietra circondante luccica il rosso e blu di affreschi di scuola bizantina del Trecento, si annidano neviere, pascolano pecore e vacche che mangiano, insieme agli avanzi del grano, i cardi, si spalancano all’aria necropoli e villaggi neolitici, ozia una stazione di posta romana, prende fiato il timo selvatico, la ferula e qualche raro perazzo. 

Se questo poema esiste lo devo a Donato Laborante, custode orante della Murgia, ad Emanuele Poki, compagno di residenza e ad Antonio Lomurno, fotografo della pietra. Se questo poema è un file digitale lo devo a Claudia D’Oriano, più delle dita orecchio e parola. Grazie.

 

 

Guido Celli
è un poeta e nasce a Roma nel 1979, da padre romano e madre americana.
Nella vita precedente a quella di ora è stato: pugile, buttafuori, pulitore, facchino e manovale. Ora, per campare, fa il magazziniere. Lascia alle sue spalle tre oramai antichi ricoveri psichiatrici e molti momenti difficili. Ma ce l’ha fatta, è sopravvissuto ed è qui.
Ha avuto l’onore e il privilegio di collaborare artisticamente in varie forme e ruoli con Flavio Giurato, Joe Lally (Fugazi), Arash Irandoust, Pi Greco, Fumisterie, Isola Gay Posse, Emanuele Caputo Curandero, Sara D’Uva, Daniele Aristarco, Giulia Tripoti, Luca Guidi, Saint Huck, Cian Donnelly, Emanuele Poki, Alessandro Stefanelli, Umberto Petrocelli, Lapingra, Elisa Abela, Vincenzo Drago, Marco Bartolomucci.
Ogni tanto ha pubblicato, ma poco e spesso male, nonostante abbia scritto 28 opere (fra poemi, sinfonie e quant’altro).
La rivista di Milano “L’Almanacco de La Terra Trema” lo ha preso a ben volere e in ogni suo numero ospita le sue poesie più recenti.
Ha prodotto artisticamente gli ultimi due dischi di Flavio Giurato.

Domenica 2 dicembre 2018 La Terra Trema 2018. Fiera feroce • vini, cibi, cultura materiale
L’Almanacco cartaceo de La Terra Trema viene presentato per la prima volta nel corso della manifestazione con Pietra Madre e un reading di Guido Celli
Ascolta qui.

da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 10
16 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100 | 2 colori
Per la lettura di questo e dei prossimi numeri de L’Almanacco potete scrivere a info@laterratrema.org
o cercare la vostra copia in uno di questi nodi di distribuzione autogestititi dai sostenitori.

Last modified: 20 Ott 2019

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